
di Attilio Polverini
Estate 1968, avevo quattordici anni e con papà, mamma ed il mio fratellino, ci preparavamo per un grande viaggio.
A bordo della FIAT 850 di seconda mano appena entrata a far parte della famiglia, stavamo per partire verso Napoli dove abitavano i nonni.
Circa 800 chilometri di autostrada, l’”Autostrada del Sole”, inaugurata quattro anni prima dopo otto anni di lavori, univa il nord con il sud dell’Italia, opera grandiosa, un lunghissimo nastro d’asfalto, spartitraffico senza “guardrail” e le prime aree di sosta, i primi Autogrill.
Partenza!
Dopo pochi chilometri di cammino ecco il grande cartello MELEGNANO, il casello dove si pagava il pedaggio.
Per anni ed anni il nome Melegnano ha sempre evocato in me il “casello” linea di partenza dei viaggi verso il sud e traguardo nei viaggi di ritorno verso il nord.
Anche oggi (14 settembre 2025), a cinquantasette anni di distanza, la mia meta è Melegnano.
Come allora viaggio sul filo dei 90 km/h con la mia piccola 500.
Oggi c’è il “new jersey” a dividere le carreggiate e le macchine che mi circondano sono tanto più grandi, ma la mia meta, oggi, non è il casello: è proprio Melegnano dove mi ritroverò con tanti altri amici in 500 per il raduno organizzato dal Coordinamento di Milano Città.
E infatti eccole le prime 500 che spuntano lungo la strada, d’istinto ci mettiamo in fila, qualcuno ci guarda dall’alto di un SUV e saluta e noi, fieri, abbandoniamo l’autostrada per raggiungere il borgo.
Sì, Melegnano non è solo un “casello”, ma una ridente e vivace località con la piazza animata dal mercato domenicale, la Chiesa ed il Castello.
E proprio nel cortile del Castello veniamo accolti, le nostre vetturette ben allineate si fanno ammirare e noi ci perdiamo nei saluti, raccontando delle vacanze appena trascorse mentre si beve un caffè.
Il Castello incombe: come si può non visitarlo?
Entriamo accompagnati dalla guida che inizia a raccontare non solo del Castello, ma anche di storia, della storia di questi luoghi, della famiglia che vi regnava, i Medici, di battaglie, assedi, soldati, cavalli ed armature con le mura del Castello da un lato ed il fiume Lambro dall’altro.
Intanto ammiriamo le sale, gli affreschi alle pareti, gli immensi camini che ai tempi erano l’unica fonte di calore per i grandi locali, le celle della prigione, la ghiacciaia per le provviste.. immaginiamo giornate fredde e nebbiose, uomini al lavoro nei campi, il tempo segnato dalle campane e i carri trainati dai buoi lungo le strade nella Grande Pianura.
E proprio su quelle strade, dopo la visita al Castello, si snoda il nostro corteo rombante, tra rogge e fossati, campi di mais e terreni appena arati. Un contadino al lavoro con il suo trattore si ferma incuriosito, bambini alle finestre di moderne villette salutano allegri ed improvvisati operatori immortalano questa lunga fila di piccoli bolidi, visione insolita per quei luoghi.
E dopo questa lunga passeggiata eccoci al ristorante dove continuerà la nostra festa.
La sala è moderna, luminosa, con grande tavolo a ferro di cavallo pronto ad accogliere gli equipaggi.
E si continua con le chiacchiere tra una portata e l’altra, avventure progetti e la gioia per i nuovi arrivati nel gruppo: una giovane famigliola con una simpaticissima bimbetta che si è mostrata subito a suo agio in mezzo a tante signore e signori un po’ attempati.
Poi, dopo mangiato ci si trattiene ancora fuori a godere dell’aria fresca della campagna: “Allora quand’è il prossimo raduno?”, “A ottobre? Fatemi sapere la data precisa!”, “ Io ci sarò di sicuro…..”, “Io adesso non so, ma farò di tutto per esserci….”
E ancora vince la voglia di stare insieme, d’incontrarsi, di chiacchierare, grazie alla passione per i nostri “cinquini” che, a dispetto dei cinici che le giudicano “vecchie scatolette rumorose e fumanti” sono una splendida scusa per stare assieme.